LA GRAVE REALTA' DELL'ABORTO
Molto spesso capita che un bambino non era previsto, diciamo,che la maggior parte dei figli, a parte il primo, rappresenta una sorpresa. Purtroppo, a volte questa sorpresa è vista come una disgrazia e si decide subito per la soluzione più "facile": l'aborto. Basterebbe un attimo di riflessione per riconoscere l'aborto come l'atto più terribile che un essere umano possa compiere su un suo simile. Sopprimere una vita è terribile, ma sopprimere la vita generata da te è qualcosa di tremendo, catastrofico, tragico. Significa andare innanzitutto contro sè stessi. Il sangue dell'essere innocente che viene versato per volontà di chi era chiamato a proteggerlo e custodirlo, grida e richiama continuamente la nostra coscienza Quando si parla di aborto, si pensa sempre a una donna, ma ci si deve ricordare che il figlio ha anche un padre, che di solito,ma non sempre,se la cava con "decidi tu, è un problema tuo". Credo che nessuna donna, se di fronte a una gravidanza inaspettata si sentisse appoggiata, incoraggiata e soprattutto amata, arriverebbe ad abortire. Invece succede che per primo il padre del bambino, poi i genitori, gli amici, a volte i figli maggiori iniziano un vero e proprio processo dove l'accusata è la mamma. In questo processo non c'e' mai una difesa, una voce a favore della vita e la vittima alla fine è un essere umano. Prima di tutto il padre deve avere coraggio e forza e riconoscere che ciò che è generato nel grembo della sua donna è suo figlio, una parte di lui e che questo dono viene da Dio, non gli appartiene, è un essere unico e mai più potrà esisterne uno uguale. Dove sono finiti gli uomini? Dove sono i maschi? Dove sono i padri? Lasciano abortire le proprie donne e si chiudono poi in una sorta di torpore. Seppelliscono la coscienza insieme al loro figlio. Non affrontano mai l'argomento, non se ne vogliono nemmeno ricordare. Si chiudono in un mutismo impenetrabile. Quanta responsabilità hanno gli uomini in tutti gli aborti che vengono fatti! (circa 140mila all'anno). Anche loro sono caduti nella trappola e non sanno più ciò che veramente vogliono: se essere felici o egoisti.
In questi anni abbiamo seguito diverse coppie che avevano abortito e vi assicuro che è una devastazione. Tutte le relazioni vengono compromesse, con il marito, i parenti stretti, gli amici. Non si può dimenticare. Una mamma mi diceva: "Non passa giorno che non pensi al mio bambino che ho abortito". Sono convinta che la risorsa per uscire dal tunnel della morte sia la coppia.
LA DONNA CHE VA AD ABORTIRE
La donna che va ad abortire è spesso vittima di uno stato d'animo che non è il suo. Mille paure e ansie si insinuano nei suoi pensieri. Appena si rivolge a chi di competenza - un consultorio o un ospedale -, si trova davanti persone che non hanno la minima intenzione di farsi carico del problema. Tutto si svolge con una freddezza e un'indifferenza totali. Vengono fatte poche domande, compilati alcuni moduli, preso l'appuntamento per abortire.
Il medico che pratica l'aborto non spiega come avviene l'intervento, non si preoccupa della salute mentale della paziente. A tutte le donne rimane una grande rabbia nei confronti di quel medico. Lo ritengono il boia che ha strappato dal loro grembo la creatura.
Per quanto riguarda lo stato emotivo della donna, tutti, compresa lei, sperano che dopo l'aborto ritorni com'era prima e vedono il giorno dell'intervento come una liberazione e una garanzia del ritorno alla normalità.
LE MOTIVAZIONI
Le motivazioni sono diverse, ma c'e' una cosa che le accumuna tutte, la paura, dirlo ai genitori, perdere la libertà, rinunciare alla carriera, le difficoltà economiche, la fatica se ci sono altri figli, la paura che il bambino non sia normale. Basterebbe che una persona si facesse carico del problema della donna. Purtroppo questo non avviene quasi mai.
IL DOPO ABORTO
Subito dopo l'aborto alcune donne provano un senso di liberazione, ma già dopo qualche mese iniziano a sentirsi diverse. La relazione con il padre del bambino cambia, comincia a nascere un certo rancore per quell'uomo che non è stato capace di starle accanto e che ora magari fa finta di niente e evita a tutti i costi l'argomento. Inizia una vera e propria avversione per i rapporti sessuali con il padre del bambino. Moltissime coppie, soprattutto se non sposate, si lasciano dopo poco tempo. Qualche donna comincia a sentirsi giudicata, con la coscienza sporca e si costruisce degli alibi: "la legge lo permette; era solo un grumo di cellule; la colpa è di mio marito; in questo momento non era possibile seguire un bambino come si deve; sono stata costretta dalle circostanze; era handicappato..."
La donna non parla mai di quanto è successo, anche se ne sente un gran bisogno . A quasi tutte succede di avere incubi notturni. Quanto si avvicina l'anniversario dell'aborto, soffrono molto, si chiedono come sarebbe ora se fosse nato, calcolano quanti anni avrebbe e fantasticano su cosa avrebbero fatto assieme a quel figlio. Tutte soffrono di non avere un luogo di sepoltura, un posto dove piangere quel figlio. Hanno molte difficoltà a relazionarsi con donne incinte o con bambini piccoli. Alcune di loro ripetono l'aborto perchè non accettano l'idea di aver scelto uno piuttosto che l'altro. I figli che nascono successivamente possono correre il rischio di essere odiati. Se la vita riserva loro delle sofferenze, le sentono come un giusto castigo, un'espiazione del male fatto. Si confessano molto spesso e dubitano che Dio le perdoni. Pensano che il peccato dell'aborto sia troppo grave per essere perdonato. E' frequente la comparsa, anche dopo molti anni, di stati depressivi, crisi d'ansia, fobie. Molte ricorrono a farmaci e sonniferi. In alcune compaiono patologie più gravi e angosce tali da tentare il suicidio. L'aborto distrugge la vita di una donna dal punto di vista psichico, fisico, affettivo, relazionale, sociale.
COME GUARIRE
Guarire non significa dimenticare. Spesso la donna che ha abortito, rifiuta di uscire dallo stato di disperazione in cui si trova perchè teme che facendo così perderà definitivamente quel figlio, ha paura di scordarsi di quella creatura che non c'e' più pensa che tenere vivo il dolore sia un po' come tenere in vita il figlio che ha ucciso. Ma non è così.
CHE COSA FARE
La prima cosa importante di cui una donna deve rendersi conto è di avere un problema, una malattia dalla quale deve guarire. Deve capire che gli stati d'animo negativi, le angosce, la rabbia, la fatica a relazionarsi, gli incubi dipendono dall'aborto. Deve dare un nome al gesto compiuto:: omicidio, errore, paura, uccisione, morte, scappatoia, mancanza di fiducia, solitudine, disinformazione, superficialità, egoismo. Deve cercare qualcuno che la aiuti a iniziare un cammino. Chi la aiuta dev'essere soprattutto paziente. Sono necessari alcuni gesti concreti, primo fra tutti dare un nome al bambino. Altra cosa importante è disegnare quel bambino così come si riferisce e come lo si immagina.
E' poi necessario crearsi un luogo dove fare concretamente memoria. Tutto questo serve alla donna per entrare nell'idea che quell'aborto era una persona con una sua identità, una sua unicità. Questa persona, quindi, è esistita, anche se per poche settimane, e rimane sempre e comunque qualcuno. A questo punto è necessario dare un senso a quella che finalmente si è riconosciuta una vita, stroncata, negata, ma pur sempre una vita. Ci sono creature che vengono al mondo solo per un giorno e altre che non vengono al mondo affatto, ma non per questo la loro vita è stata inutile. Dio crea ed è per sempre, la vita è in Dio, quel bambino vive in Dio e se esiste, perchè esiste, è grazie alla donna e all'uomo che lo hanno concepito. Quel bambino diviene un protettore speciale, un figlio in cielo. Quel bambino non è arrabbiato con la sua mamma. Le vive accanto, anche se lei non lo può vedere. Nel momento in cui la donna riesce a riconoscere questa verità, acquista di nuovo la pace e soprattutto la fede. Non è, infatti, possibile guarire da un aborto se non si crede in Dio creatore, che genera, dà vita. Egli solo può trasformare la morte in resurrezione, il peccato in salvezza. Allora il pianto in memoria di quel figlio non è più un pianto di disperazione, un pianto senza scopo, ma diviene un pianto di lutto per un figlio che manca e che si spera di poter riabbracciare un giorno. Le persone che arrivano a questo, possono e anzi devono adoperarsi perchè altre non arrivino ad abortire, devono saper creare una mentalità che accoglie la vita. Il modo migliore per farlo è portare la propria testimonianza. Guarire da un aborto è un cammino e ha bisogno di tempo e di eventi. Non si potrebbe parlare di guarigione e di resurrezione se non si parla di perdono. Innanzi tutto è necessario perdonare sè stesse, credere che davvero Dio è misericordia, credere che Dio può tutto e nella sua onnipotenza riesce a dare pace al cuore più chiuso e lontano. Poi perdonare chi riteniamo complice del nostro peccato, marito, parenti, medico, amici, società.