Domanda:
libro: "lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte" ???? help!
Silvia
2008-08-02 06:59:54 UTC
APPROFONDITE RIFLESSIONI PERSONALI!!! QUALCUNO MI DA UNA MANO?!
GRAZIE!
Cinque risposte:
tore_90_mac
2008-08-02 07:18:12 UTC
Recensione del libro

Titolo: Lo strano caso del cane ucciso a Mezzanotte;

Autore: Mark Haddon;

Recensione: Era mezzanotte. Il cane stava disteso sull’erba in mezzo al prato di fronte alla casa della signora Shears. Aveva gli occhi chiusi. Era morto dopo essere stato trafitto con un forcone. Christopher, dopo aver aperto il cancelletto di casa della signora Shears, lo richiuse dietro di se. Attraversò il prato e s’inginocchio accanto al cane. Gli appoggiò la mano sul muso e notò che era ancora caldo. Il cane, appartenente alla signora Shears, si chiamava Wellington. Wellington era un grosso cane barbone, con il pelo riccio e nero e la pelle di un colore grigio pallido. Il nome del narratore è Christopher John Francis Boone, un ragazzo con una forma di autismo di 15 anni. Il ragazzo, amante della matematica e della scienza, grazie ad alcuni disegni particolari (che gli venivano illustrati da Siobhan) riusciva a comprendere o faceva capire gli stati d’animo degli altri o i suoi.

Dopo il ritrovamento del cane, Christopher (amante dei cani), estrasse il forcone, sollevò il cane sanguinante e lo prese tra le braccia. Christopher stringeva il cane da ormai 4 minuti, quando sentì l’urlo. Il ragazzo alzò gli occhi e vide la signora Shears correre verso di lui. La signora Shears, vedendo il cane ferito tra le braccia del ragazzo, ipotizzò che fosse stato lui ad ucciderlo. Christopher, terrorizzato dall’idea che la donna potesse colpirlo o toccarlo, si allontanò.

Christopher, ai romanzi, che lui definiva pieni di bugie riferite a fatti mai avvenuti, preferiva la scienza. La sua aiutante e allo stesso tempo amica, Siobhan, aveva lunghi capelli biondi e un paio di occhiali di plastica verde. Il signor Jeavons, invece, profumava di sapone e portava sempre delle scarpe marroni fornite di minuscoli fori.

Dopo l’uccisione del cane, arrivò la polizia. Uno dei poliziotti iniziò a fare delle domande a Christopher. Ad un certo punto, quando il poliziotto, nel chiedere al Christopher se fosse stato lui ad ucciderlo, lo afferrò per un braccio e lo sollevò, venne volontariamente colpito dal ragazzo, che si giustificò affermando che l’aveva fatto solo per difendersi. Il poliziotto, infuriato, decise di arrestarlo per “oltraggio a pubblico ufficiale”. Quando Christopher, accompagnato dal poliziotto, giunse alla stazione di polizia, gli fecero togliere le scarpe e svuotare le tasche, nel caso avesse qualcosa che potesse usare per uccidersi, per scappare o per assalire un poliziotto. Il ragazzo aveva anche un orologio che i poliziotti volevano che si togliesse, ma lui, in disaccordo con la richiesta, si mise ad urlare finché non gli dissero che poteva tenerlo. Il ragazzo, orfano della madre (con solo il padre), dopo che i poliziotti ebbero avvertito suo padre, fu messo in cella.

Secondo Christopher, le persone, lo confondeva per due ragioni: la prima è che la gente parla molto senza usare le parole; la seconda è che la gente spesso parla usando delle metafore.

All’ 1 circa arrivò il padre di Christopher alla stazione. Pochi minuti dopo un poliziotto si diresse verso di lui e gli disse che qualcuno voleva vederlo: si trattava di suo padre. Il poliziotto, Christopher e suo padre si recarono dall’ispettore, che liquidò il ragazzo solo con una diffida. Poco dopo, il giovane e suo padre, poterono andare via. Christopher, tornando a casa in auto con il padre, nonostante la sua disapprovazione, decise di trovare l’assassino di Wellington.

La mamma di Christopher era morta 2 anni fa. Quando la donna morì, il padre gli disse che aveva avuto un infarto inaspettato. Ma Christopher non credeva all’ipotesi formulata dal padre, sua mamma aveva soltanto 38 anni, era una donna molto attiva e mangiava cibo sano. Secondo il ragazzo, invece, si trattava di un aneurisma.

Il padre di Christopher lavorava in proprio, si occupava della manutenzione degli impianti di riscaldamento e riparava gli scaldabagni con un tizio di nome Rhodri, un suo dipendente.

Il signor Jeavons, lo psicologo della scuola, un giorno, chiese a Christopher perché 4 auto rosse, una in fila all’altra, indicassero una “Bella Giornata”, 3 auto rosse, una “Giornata Così Così”, 5 auto rosse, una “Giornata Straordinaria” e 4 auto gialle, una “Giornata Nera”. Lui rispose semplicemente affermando che gli piaceva che le cose seguissero un ordine preciso. Il signor Jeavons riteneva Christopher un ragazzo molto intelligente.

Lo psicologo gli chiese anche se lo faceva sentire al sicuro sapere che le cose seguivano sempre un ordine preciso e lui rispose di sì. Confidandosi con lo psicologo gli disse che, da grande, avrebbe voluto fare l’astronauta.

Nonostante l’invidia e la cattiveria di alcuni suoi compagni di scuola (come un tizio chiamato Terry), Christopher non rinunciava a “puntare in alto”: infatti, voleva andare all’università, studiare matematica o fisica e prendersi la specializzazione.

Dopo aver riflettuto su ciò che doveva o non doveva fare, Christopher, decise che avrebbe scoperto chi fosse stato l’autore dell’uccisione di Wellington, benché suo padre gli avesse ordinato di non ficcare il naso negli affari degli altri. La sera stessa della decisione, andò dalla signora Shears, a ribadire la sua posizione di innocenza. La donna, seppur imbarazzata, lo mandò via educatamente. Dopo aver salutato la donna, decise che avrebbe fatto delle indagini per scovare l’assassino del cane. Si arrampicò sul muro, camminò appiattito lungo la parete della casa e giunse fino al capanno degli attrezzi. Sbirciando dalla finestra del capanno, vide il forcone che aveva trafitto e ucciso la povera bestia. Il forcone, però, era stato ripulito perché non mostrava più le tracce del sangue di Wellington sulle punte. Dal momento che il forcone era all’interno del capanno, nel giardino della signora Shears, significa che apparteneva proprio alla vecchia signora. Ma la frase che la signora Shears pronunciò quando vide Christopher con il cane in mano, lo portò ad eliminare dalla lista dei sospetti il suo nome. Chiunque fosse stato, però, doveva aver usato il forcone della signora Shears. Il capanno, però, era chiuso a chiave. Questo significava che era stato qualcuno che aveva la chiave del capanno della signora Shears, oppure che lei l’aveva lasciato aperto. Voltandosi, Christopher, vide che la donna lo stava fissando, e, preoccupato, andò via dal giardino. Tornando a casa iniziò a mettere insieme gli indizi.

Quando la mamma di Christopher morì, la signora Forbes gli disse che era volata in cielo, ma il ragazzo non volle credere a ciò che le raccontò la donna. La donna, dopo essere deceduta, fu cremata.

Il giorno seguente, un sabato (il giorno libero), Christopher, decise che sarebbe andato in giro a fare domande a qualche vicino, per controllare se per caso qualcuno non avesse visto Wellington mentre lo stavano uccidendo o non avesse notato qualcosa di strano giovedì sera. Per Christopher, parlare con degli sconosciuti, era un fatto eccezionale, ma se voleva scoprire chi era l’assassino del cane, doveva farlo. Lui diceva che gli estranei erano difficili da capire. Diceva, inoltre, di metterci un sacco di tempo per abituarsi alle persone che non conosceva.

Christopher (con il coltellino svizzero in casa), uscì di casa e andò a bussare alla porta del numero 40, che si trovava di fronte alla casa della signora Shears. Fu il signor Thompson che andò ad aprigli, ma non gli fu di grande aiuto. Nessuno gli aprì al numero 42. Aveva già incontrato quelli che abitavano al numero 44, ma non sapeva come si chiamassero. Erano persone di colore, un uomo e una donna, con due bambini. Dopo essersi congedato dagli abitanti del 44, si incamminò verso il numero 43, la casa accanto a quella della signora Shears. Le persone del 43 sono il signor Wise e la mamma del signor Wise, che è paralizzata su una sedia a rotelle. Fu il signor Wise ad aprigli, ma Christopher capì subito che non gli sarebbe stato di grande aiuto. Christopher non bussò alla porta del numero 38, la casa vicina alla sua e a suo padre. Quelli che vi abitavano erano dei drogati e il padre di Christopher gli aveva ordinato di non rivolgergli la parola, e così fece (infatti non bussò). In quello stesso momento notò la vecchia signora Shears, abitante al numero 39, che si trovava in giardino a tagliare la siepe con un potatore elettrico. Il suo nome era Alexander. Anche a lei Christopher pose la fatidica domanda, ma la donna non seppe aiutarlo.

Dopo aver a lungo ragionato sugli indizi a sua disposizione, giunse alla conclusione che c’era soltanto una persona a cui la signora Shears non piaceva: il signor Shears, che conosceva benissimo Wellington. Il signor Shears, era, dunque, il primo sospettato. Questo uomo era stato sposato con la signora Shears, con la quale aveva vissuto per molti anni. Poi il signor Shears s’è ne era andato e non era più tornato. Decise, allora, di scoprire qualcosa in più sul suo conto.

Christopher, che sosteneva che i suoi compagni fossero solo degli stupidi, aveva, rispetto alla sua classe, un’intelligenza diversa.

Infatti, dì li a poco, avrebbe dimostrato a tutti, con un esame di matematica per l’ammissione all’università, tutta la sua bravura. Nessun altro aveva mai dato quello esame, nella sua scuola, prima di lui e prima della preside, la signora Gascoyne, all’inizio, contraria.

Il padre di Christopher, ambizioso per suo figlio, andò a parlare con la signora Gascoyne e la convinse ad appoggiare il ragazzo.

Christopher, vedendo i suoi genitori litigare, pensava che un giorno avessero divorziato. Tali litigi erano dovuti alla presenza di Christopher e al fatto di doversi occupare di lui.

Christopher, un ragazzo particolare, con diversi problemi comportamentali, odiava, ad esempio, essere toccato e stare con diverse persone in uno spazio molto ristretto, detestava il marrone e il giallo, quando era arrabbiato o confuso, spaccava tutto e, spesso, faceva cose stupide.

Quando Christopher tornò a casa dopo aver fatto le sue indagini, trovò suo padre, in cucina, pronto a chiedergli dove fosse stato. Il padre del ragazzo affermava di aver appena ricevuto una telefonata da parte della signora Shears, in cui si lamentava del fatto che Christopher fosse entrato nel suo giardino. Quando il padre gli chiese il motivo di tale comportamento, lui si giustificò affermando che, secondo lui, l’autore dell’uccisione di Wellington era il signor Shears. Il padre di Christopher, tanto disperato quanto irritato, gli ordinò di non nominare più il nome di quel uomo, di non chiedere più alla signora Shears chi fosse stato ad uccidere il cane e di non andare più in giro a fare domande. Christopher, spaventato, promise che non avrebbe più fatto indagini sull’uccisione del cane.

Christopher, da grande, avrebbe voluto fare l’astronauta.

Il giorno dopo, a scuola, raccontò a Siobhan che suo padre gli aveva ordinato di non fare più nessuna indagine e che quindi il libro, che aveva scritto in relazione all’uccisione del cane, era finito. A Christopher, però, non piaceva l’idea che l’assassino fosse ancora a “piede libero”.

Quella, infatti, non fu davvero la fine del libro.

Christopher, dopo essere tornato a casa, andò nel negozio in fondo alla strada per acquistare un laccio di liquirizia. Dopo aver comprato il laccio di liquirizia, notò la presenza della signora Alexander all’interno dell’esercizio. La signora Alexander, con sé, aveva un bassotto di nome Ivor.

Christopher, approfittando della presenza dell’anziana signora, decise di iniziare a farle delle domande, visto che, comunque, “fare delle domande alla signora Alexander”, non era una voce che rientrava nelle cose da non fare. Decise di procedere anche perché quella, visto che aveva visto 5 auto rosse, era una “giornata straordinaria”, in cui sarebbe accaduto qualcosa che avrebbe sbloccato le indagini. La signora Alexander accompagnò Christopher a fare una passeggiata nel parco, affermando che aveva qualcosa di molto importante da dirgli. Christopher, in quei momenti, provava sentimenti contrastanti: era sia nervoso, perché si stava avventurando nel parco con un estranea, sia eccitato, perché la signora Alexander gli stava per rivelare un segreto, o su sua mamma o sull’assassino di Wellington, o magari sul signor Shears. Ma poiché quella era una “giornata straordinaria”, decise di assecondare l’anziana signora, che durante la passeggiata, gli rivelò che sua madre e il signor Shears, avevano una storia. Con questa rivelazione si spiega il perché del fatto che il padre di Christopher odi il signor Shears, il perché non voglia che vada in giro a fare domande sulla persona che era l’amante di sua moglie. Il solo riferimento a quella persona fa innervosire tantissimo il padre di Christopher. Per la storia che aveva con la mamma di Christopher, il signor Shears ha lasciato la signora Shears. Christopher, dopo la passeggiata con la signora Alexander, tornò a casa, dove trovò suo padre in compagnia di Rhodri, il suo aiutante. Suo padre gli chiese dove fosse stato, e lui, senza timore, gli disse ciò che aveva effettivamente fatto.

Christopher aveva anche un libro preferito: “Il mastino di Baskerville”, con Sherlock Holmes. Gli piaceva questo libro perché era un giallo, e lui era un’amante di libri gialli. Adorava questi libri, più in generale, per la presenza d’indizi e di false piste. Christopher, amante della lettura e della matematica, quando era veramente interessato e impegnato, non c’era nulla che potesse distrarlo.

Christopher, quella notte, andò avanti a scrivere il suo libro e, la mattina seguente, lo portò a scuola per farlo leggere a Siobhan, affinché gli correggesse gli errori di grammatica e d’ortografia.

Lesse, quindi, anche il pezzo che raccontava la sua conversazione con la signora Shears. Siobhan, dopo aver letto il proseguimento del libro, si soffermò a discutere con Christopher.

La mente di Christopher, stando a ciò che affermava lui, funzionava come il nastro di un film. Per questo motivo era così bravo a ricordare le conversazioni, i vestiti e/o gli odori delle persone. Secondo Christopher, le immagini che le altre persone avevano nella testa, erano diverse dalle sue perché riguardavano cose non reali o mai avvenute.

Christopher, quando tornò a casa, vide che suo padre non era ancora tornato. Si preparò, allora, un frullato di lamponi (rosso, il suo colore preferito) e accese la televisione per guardare un documentario sulle creature marine che vivono nei pressi delle sorgenti sulfuree, delle specie di vulcani sotterranei che emettono gas nell’acqua attraverso la crosta terrestre. A Christopher, sarebbe piaciuto trovarsi sul fondo del mare, qualche volta.

Quando tornò a casa, il padre di Christopher, si accorse del libro che stava scrivendo suo figlio e si arrabbiò tantissimo. Alzò prepotentemente la voce contro il figlio, che molto spaventato e confuso, continuava ad affermare di non aver fatto nessuna di quelle cose che lui non voleva che Christopher facesse. Accecato dalla rabbia, lo afferrò di sorpresa e lo strattonò. Christopher, che detestava essere strattonato e colto di sorpresa, colpì suo padre come aveva fatto con il poliziotto la sera dell’uccisione di Wellington. Il padre, però non mollo, e Christopher, per liberarsi, lo colpì nuovamente. A questo gesto fecero seguito alcuni minuti di assoluto e tremendo silenzio. Per un momento i ricordi di sparirono. Quando tornò cosciente, si ritrovò seduto sul tappeto con la schiena contro il muro, con la mano destra sporca di sangue e con la testa dolorante. Il padre di Christopher aveva un graffio sul collo e un grosso squarcio sulla manica della camicia a quadri blu e verde e respirava molto forte. Il tutto si concluse con l’eliminazione, ad opera del padre di Christopher, del libro scritto da suo figlio.

Il giorno dopo, il padre di Christopher, disse che gli dispiaceva molto di averlo picchiato e che non avrebbe voluto farlo. Poi, visto che era sabato, disse che lo avrebbe portato in gita per dimostrargli che era davvero dispiaciuto, e che sarebbero andati allo Zoo di Twycross. Gli animali preferiti di Christopher erano la scimmia Randyman, le due otarie della Patagonia, Miracle e Star e un Orang-Utan di nome Maliku.

Quando tornò a scuola, il lunedì, Siobhan domandò a Christopher perché avesse quel taglio sulla guancia. Lui le spiegò che suo padre l’aveva picchiato, lui aveva reagito e i due avevano litigato. Però, poi, si era pentito e, il giorno dopo, l’aveva portato allo zoo.

Quando Christopher rientrò a casa, suo padre era ancora al lavoro. Lui, allora, prese la chiave, aprì la porta sul retro e andò a guardare dentro il bidone della spazzatura, ma il libro non c’era. Rivoleva indietro il suo libro perché gli piaceva scrivere e avere un progetto da portare a termine. Christopher, più tardi, si domandò se suo padre non l’avesse messo sul furgone e poi gettato in un grosso cassone del deposito, ma voleva escludere questa ipotesi perché, in tal modo, non avrebbe più rivisto il suo libro. Un’altra possibilità era che suo padre avesse nascosto il libro in casa da qualche parte. Così decise di svolgere qualche indagine e di vedere se riusciva a trovarlo. Cominciò ispezionando la cucina, poi passò al ripostiglio, poi andò in sala da pranzo e poi guardò nel soggiorno. Guardò anche nel bagno ma le ricerche ebbero scarsi risultati. Poi, disperato, passò alla camera da letto di suo padre. Dopo aver guardato sotto il letto e nei cassetti, decise di guardare nell’armadio. C’era (oltre ai vestiti), un piccolo ripiano, in cui, però, non c’era nulla di interessante. In fondo all’armadio c’era una grossa scatola di plastica colma di attrezzi. Sotto quella degli attrezzi, notò un’altra scatola. La sollevò ed estrasse questa seconda scatola dall’armadio. Quando l’aprì, vide che dentro c’era il suo libro. Christopher era felice di averlo ritrovato. Se, però, l’avesse preso, suo padre si sarebbe accorto che era andato a frugare nella sua stanza e si sarebbe molto arrabbiato. Sentendo che suo padre stava parcheggiando il furgone, decise di lasciare il libro dov’era e di mettere tutto com’era. Anche se non gliel’avesse restituito, sarebbe stato in grado di ricordare la maggior parte di ciò che aveva scritto, così che avrebbe messo tutto dentro al secondo libro segreto. In ogni caso avrebbe sempre potuto consultare il libro originale, dal momento che sapeva dove il padre l’aveva nascosto. Insieme al libro, trovò una busta indirizzata a lui.

La prese per leggerla in un secondo momento. In quello istante vide che c’erano molte altre lettere, tutte indirizzate a lui. Era confuso e affascinato allo stesso tempo. Sentendo suo padre che apriva la porta, afferrò una delle buste da sotto il libro, rimise a posto la scatola, ci appoggiò sopra il contenitore con gli attrezzi e richiuse l’armadio.

Dopo cena, Christopher, salì nella sua stanza, chiuse la porta ed estrasse la busta che aveva precedentemente nascosto sotto il materasso. La lettera, proveniente da Londra e sprovvista di data, era stata scritta da sua madre. In tale lettera affermava di essersi trasferita a Londra, con un certo Roger (il signor Shears nonché colui che era sposato con la signora Shears), e di fare la segretaria per una fabbrica di acciaio. Christopher era confuso perché sua madre non aveva mai lavorato come segretaria in una fabbrica d’acciaio, né aveva mai abitato a Londra. Non c’era nessuna data sulla lettera, così Christopher non riuscì a capire quando fosse stata scritta. Si domandò se non fosse stato qualcun altro a scrivere la lettera e a far finta d’essere sua madre. Allora, per chiarire il mistero, guardando l’aletta della busta e vedendo che c’era un timbro postale datato “16 ottobre 1997, capì che non poteva essere stata sua madre a scrivere quella lettera, perché era stata scritta 18 mesi dopo la sua morte. Era un mistero che non riusciva a risolvere. Quando aveva iniziato a scrivere il suo libro c’era soltanto un mistero da risolvere. Adesso i misteri erano due. Decise che avrebbe aspettato che suo padre fosse uscito, prima di riavvicinarsi alle lettere nell’armadio. Passarono sei giorni prima che potesse nuovamente andare a rovistare nella scatola dentro l’armadio del padre. Salì in camera sua, spalancò l’armadio, sollevò la scatola degli attrezzi ed estrasse quella più piccola che stava di sotto. Alzò il coperchio. Contò le lettere: erano 43. Erano tutte indirizzate a Christopher, ed erano state tutte scritte con la stessa calligrafia.

In una di tali lettere spiegò che, dopo una furibonda lite con il marito, la madre di Christopher, vedendo che suo marito e suo figlio stavano molto bene insieme (da soli), pensò che, probabilmente, sarebbero stati meglio senza di lei. Il padre di Christopher, in questo modo, avrebbe avuto solo una persona di cui occuparsi, e non due. La donna stabilì che sarebbe stato meglio per tutti se fosse andata a vivere a Londra con Roger. Dopo la quarta lettera, smise di leggere perché cominciava a sentirsi male. Christopher scoprì che sua madre non aveva avuto un infarto e che non era morta. Suo padre gli aveva raccontato soltanto delle bugie. Si sforzò di pensare se potesse esserci un’altra spiegazione, ma non riuscì a trovarla. Christopher, per un certo periodo di tempo, non capì più nulla. Suo padre, quando, preoccupato perché non sentiva più il figlio, decise di salire in camera sua per sincerarsi delle sue condizioni e lo vide accovacciato sul letto con delle lettere a fianco, capì che aveva scoperto tutto, compreso il fatto che sua madre fosse ancora viva. Il padre di Christopher si scusò con suo figlio, che ancora in stato confusionale, non riusciva a dire neanche una parola. Gli disse, inoltre, la verità su Wellington: era stato lui ad uccidere il cane della signora Shears.

Christopher pensò che se ne sarebbe dovuto andare di casa. Suo padre, visto che era stato in grado di uccidere Wellington, secondo lui, sarebbe stato in grado anche di uccidere il figlio. Non poteva andare via subito, doveva aspettare che su padre si fosse addormentato. Dopo aver accurato che il padre stesse dormendo, prese il coltellino svizzero, estrasse la lama a seghetto per potersi difendere in caso di necessità, e uscì dalla stanza. Giunto in soggiorno, notò il padre disteso sul divano con gli occhi chiusi. Dormiva. Se fosse riuscito a non svegliarlo, sarebbe potuto tranquillamente uscire di casa. Si coprì bene (fuori faceva molto freddo), prese la gabbia di Toby, andò in cucina, prese la scatola speciale e si avviò verso il capanno. Dopo qualche ora, riuscì ad addormentarsi dietro la piccola struttura. Il padre di Christopher, non trovando il figlio nel giardino, prese il furgone e si allontanò per andare a cercarlo. Quando sentì che si allontanava, seppe, con certezza, che poteva uscire allo scoperto senza correre pericoli. Doveva fare qualcosa, non poteva più vivere con suo padre perché lui riteneva che fosse pericoloso. Prese una decisone: sarebbe andato a vivere dalla signora Shears, persona che conosceva abbastanza bene. Bussò ripetutamente alla sua porta, ma nessuno gli aprì. Stabilì, che, in ogni caso, non poteva tornare a casa. Non poteva andare a vivere con Siobhan perché, facendo l’insegnante, non si sarebbe potuta occupare di lui. Non poteva andare a vivere neanche da suo zio Terry, perché viveva a Sunderland, e non sapeva come arrivarci.

Non poteva neppure andare dalla signora Alexander, perché lui la reputava una sconosciuta. Decise, infine, che sarebbe andato a vivere con sua madre. Per andare fino a Londra avrebbe preso un treno, visto che li conosceva bene, da quando i suoi genitori gliene avevano regalato uno per Natale.

Christopher, a questo punto, aveva bisogno di qualcuno che gli tenesse Toby, di soldi e di cose da mangiare e da bere. Pensò che la signora Alexander avrebbe potuto occuparsi lei del topo, ma lei non avrebbe accettato molto volentieri quell’incarico. Christopher, non ottenendo ciò che voleva dall’anziana signora, decise che si sarebbe comportato in maniera diversa. Andò di corsa fino a casa, ruppe il vetro della porta con una mattone, fece passare il braccio attraverso il vetro rotto e aprì la porta. Entrò in casa, appoggiò Toby sul tavolo della cucina, corse di sopra, afferrò la cartella, ci mise dentro da mangiare e da bare per se e per Toby, qualche libro di matematica, delle mutande, una maglietta e una camicia. Dal portafoglio del padre prese del bancomat, perché, in tal modo, conoscendo il codice, avrebbe potuto prelevare tutti i soldi di cui avesse avuto bisogno.

Dopo aver preso tutto il necessario, si avviò verso la stazione. Giunse in prossimità della scuola, uno dei pochi posti che conosceva e, per proseguire, fu costretto a chiedere indicazioni. Incontrò una donna, piuttosto gentile e disponibile, che gli indicò le strade per raggiungere sia la stazione, sia il bancomat. Si mosse seguendo le accurate indicazioni della donna. Ad un certo punto, però, si perse. In preda al panico, per il fatto di trovarsi in un posto in cui non era mai stato, decise di fermarsi a riflettere sotto le tende di un negozio di frutta e verdura. Sapeva, però, che la stazione era da quelle parti. Si costruì una cartina ipotetica, ragionò e riuscì a prendere la strada corretta che lo avrebbe portato alla stazione. Alla stazione di Swindon (situata nella città dove abitava Christopher), c’erano: una biglietteria, un’entrata, un sala d’attesa, un negozio, un sottopassaggio e un bar. Alla stazione, però, Christopher, a causa della presenza di numerose persone che andavano e venivano dal sottopassaggio e dell’eco quasi insopportabile, cominciò a sentirsi male e ad avere le vertigini. Voleva tornare a casa, ma l’idea stessa lo terrorizzava. Facendosi forza, scese nel sottopassaggio, lo attraversò e trovò un posto dove potersi sedere, chiudere gli occhi e pensare. Cercò di riflettere sul da farsi, ma non riusciva a pensare perché c’erano troppe cose nella sua testa. Ad un certo punto, un poliziotto, vedendo Christopher in pessime condizioni, decise di andare a sincerarsi delle sue condizioni fisiche. Lui affermò di stare poco bene. Il poliziotto, dopo avergli fatto alcune domande, lo aiutò a trovare un bancomat e un metodo per procurarsi un biglietto per Londra. Il poliziotto gli indicò anche la biglietteria. Pagò il biglietto e ricevette 33 sterline di resto, che mise nella tasca in cui non teneva Toby. Il treno sarebbe partito di lì a 5 minuti dal binario I. Alla fine, dopo diversi problemi, riuscì a prendere il treno che lo avrebbe portato a Londra.

Quando viveva a casa con suo padre e pensava che su madre fosse morta, aveva una tabella di marcia precisa. Ad ogni orario corrispondeva un compito preciso.

C’erano molte persone sul treno e questo fatto non gli piaceva per niente. Odiava trovarsi in mezzo a tante persone sconosciute, e gli piaceva ancora meno se era costretto a stare chiuso in una stanza (come poteva essere il vagone di un treno) con volti a lui nuovi. Rimase immobile nello scompartimento, in silenzio. Sul treno ritrovò il poliziotto che aveva precedentemente incontrato alla stazione. Il poliziotto gli disse che suo padre era alla stazione di polizia e che lo stava cercando. Il poliziotto avvertì la centrale che l’aveva trovato. Il ragazzo, però, che non voleva tornare dal genitore, cercò, con la mente, un posto dove potersi nascondere. Christopher, però, era costantemente tenuto d’occhio dal poliziotto, che avrebbe voluto farlo scendere alla prossima fermata, per farlo tornare dal padre. Il poliziotto cercò ripetutamente di far ragionare il ragazzo, ma lui non ne voleva sapere. Ad un certo punto del viaggio, sentì un impellente bisogno di andare al bagno. Chiese al poliziotto se poteva andare ai servizi e lui acconsentì. Uscendo dal bagno, vide che c’erano due ripiani con delle valigie e uno zaino. Per nascondersi, si arrampicò sul ripiano di mezzo e si sistemò una valigia davanti. Il poliziotto, non vedendolo arrivare, cominciò a cercarlo, ma con scarsi risultati.







Dopo più di mezzora di viaggio e due soste (a una delle quali era sceso anche il poliziotto, senza Christopher, però), il ragazzo decise, dopo essersi guardato intorno e aver constatato che non ci fosse molta gente, di scendere dal ripiano, andare a prendere la cartella e di controllare se il poliziotto stesse ancora seduto al suo posto. Christopher notò che il poliziotto era sparito insieme alla cartella. Il treno, intanto, si era fermato. Una volta giunto nella stanza, Christopher, notando la grandezza dell’atrio e udendo l’assordante rumore, si sentì nuovamente male. Christopher, dopo essersi ripreso, si recò al centro informazioni per sapere se era veramente giunto a Londra.

La signora che gli rispose, gli disse di sì. Christopher, chiese alla signora del punto informazioni, anche come arrivare fino a casa di sua madre, che gli consigliò di prendere la metropolitana.

Con il coltellino svizzero in tasca, attraversò la grande stanza e scese per le scale che lo avrebbero portato fino ai metrò. Una volta giunto in prossimità dei moderni mezzi di trasporto, decise di fare qualche indagine. Notò che le persone infilavano i biglietti dentro dei piccoli cancelli grigi e poi ci passavano in mezzo. Qualcuno comprava i biglietti da grossi aggeggi neri che stavano appesi al muro. Osservò 47 persone fare questo gesti e memorizzò i loro movimenti. Dopo aver comprato un biglietto per Willesden Junction (stazione più vicina all’abitazione della madre di Christopher), fece come avevano fatto gli altri pendolari. Dopo aver oltrepassato il cancelletto, dovette fermarsi a ragionare per capire quale direzione prendere. Decise di raggiungere Willesden Junction passando da Bakerloo Line. Per raggiungere quest’ultima stazione, da cui sarebbe partito il treno che lo avrebbe finalmente portato dalla madre, dovette rifare le scale. Arrivò in una piccola stanza, molto affollata, e a causa dell’elevato numero di persone, si sentì nuovamente male. Quando arrivò il treno, una notevole quantità di persone, abbandonò la sala d’attesa e si mosse in direzione del mezzo di trasporto.

Christopher, terrorizzato, continuò a tenere gli occhi chiusi, senza mai guardare l’orologio. I treni andavano e venivano dalla stazione seguendo un ritmo preciso. Con il passare del tempo, i silenzi fra un treno in partenza e uno in arrivo, si fecero sempre più lunghi. In un momento in cui non c’era il treno (e quindi c’erano poche persone), Christopher, aprì gli occhi e, guardando l’orologio, scoprì che erano le 20 e che era stato seduto sulla panchina per 5 ore. Intanto, però, Toby era sparito. Christopher, spaventato e allo stesso tempo triste, cominciò a cercare il suo topo addomesticato, ma non lo vide da nessuna parte. Dopo alcuni minuti d’ansia, però, riuscì a ritrovarlo. Nel cercare di riprendersi il topo, Christopher, involontariamente venne a trovarsi sui binari. Stava per essere investito e travolto da un treno, quando un uomo lo afferrò e, sollevandolo, riuscì a salvarlo. Davanti a Christopher, dopo la disavventura, passarono numerosi treni. Lui, forse annoiato, decise di prendere il primo treno che gli si fosse fermato davanti. Sul treno c’erano numerose scritte, che lui lesse per non annoiarsi. Il treno, dopo essere uscito dalla galleria, si fermò in una stazione, che si chiamava Warwick Avenue. Quando il treno si fermò a Willesden Junction, le porte si aprirono automaticamente e, Christopher, scese dal treno. Il treno, dopo aver scaricato i pendolari, ripartì. Christopher, non sapendo come arrivare al 451c di Charter Road, Londra NW2 5NG, andò in un negozio a chiedere informazioni. Il negoziante, non sapendo come poter aiutare il ragazzo, gli consigliò di acquistare un libretto, con tutte le vie di Londra. Christopher così fece. Il ragazzo, una volta identificato il tragitto da compiere, salì le scale, attraversò il ponte, inserì il biglietto, nel cancelletto grigio e uscì in strada. Cominciò a camminare nella direzione prefissata e, dopo 27 minuti, riuscì finalmente, grazie anche all’aiuto del libretto, ad arrivare fino a casa della madre. Suonò il campanello dell’appartamento C, ma, dal momento che nessuno andò ad aprirgli, decise di aspettare pazientemente l’arrivo di sua madre e del signor Shears, sperando che non fossero andati in vacanza. La donna rientrò verso mezzanotte e, quando vide il figlio, lo strinse in un abbraccio fortissimo. Una volta in casa, la madre di Christopher chiese a suo figlio come avesse fatto ad arrivare fino a Londra, e lui, ancora infreddolito per la pioggia che aveva preso aspettando la madre, le spiegò che con i soldi che aveva preso dal bancomat del padre, aveva acquistato un biglietto del treno ed era arrivato, dopo aver cambiato diversi latri treni, fino lì. La donna gli chiese anche il perché del fatto che non gli avesse risposto nemmeno ad una lettera, e Christopher le spiegò che le lettere non gli erano arrivate e per questo motivo non aveva potuto risponderle.

Le raccontò che lettere non gli erano arrivate perché suo padre le aveva nascoste e gli aveva fatto credere che sua madre fosse morta d’infarto. Christopher, infatti, si era, da sempre dimostrato scettico verso questa conclusione. Ad un certo punto, alla porta, busso un poliziotto che desiderava parlare con Christopher per chiedergli se avesse voluto rimanere con la madre oppure tornare dal padre. Lui disse, con forza, che voleva rimanere a Londra e, dopo aver sentito il parere della madre (naturalmente d’accordo con le volontà del ragazzo) se ne andò. Adesso Christopher era felice perché avrebbe potuto vivere con sua madre.

Il padre, sapendo che il figlio si trovava a Londra, decise di andarselo a riprendere. A casa della moglie, in piena notte, ebbe un forte dibattito sia con la madre di Christopher, sia con Roger. Il padre di Christopher, tanto dispiaciuto quanto arrabbiato, era desideroso di vedere suo figlio. Una volta in camera del ragazzo, cominciò a chiedergli scusa per tutto ciò che di sbagliato aveva fatto o detto. Mentre il padre di Christopher si trovava dal figlio, arrivò la polizia, chiamata da Roger, che portò via il marito della madre del ragazzo.

Il mattino dopo, il signor Shears, affermò che Christopher sarebbe potuto rimanere per alcuni giorni, ma che poi avrebbe dovuto trovarsi un’altra sistemazione. La madre, invece, gli disse che sarebbe potuto rimanere per tutto il tempo che avesse voluto. Alla fine la donna ebbe la meglio. Di lì a poco, sarebbero usciti per andare ad acquistare dei vestiti, un pigiama, uno spazzolino da denti e una flanella. Il ragazzo, però, in mezzo alla confusione della via principale (dove erano situati i negozi), si sentì male e la madre fu costretta a riaccompagnarlo a casa con un taxi. La madre, dopo aver riaccompagnato il figlio, uscì di nuovo per fare gli acquisti che non era riuscita a fare con il figlio. Quando la madre tornò a casa, Christopher, disse alla madre che doveva assolutamente tornare a Swindon perché doveva dare l’esame per l’ammissione all’università. Vero le 2 di notte, non riuscendo a dormire, Christopher, terrorizzato dall’idea che il signor Shears, si trovasse nella stessa casa, decise di scivolare giù per le scale e di uscire dalla porta principale che dava su Charter Road. Cominciava a sentirsi meglio. La madre, preoccupata che in casa non c’era, uscì a cercarlo e lo trovò nascosto tra un cassone e un Ford Transit. La donna lo obbligò a prometterle che non si sarebbe più allontanato dall’appartamento da solo, perché affermava che Londra era piena di gente estranea di cui non ci si poteva fidare.

Il giorno dopo, la madre di Christopher, fu licenziata per l’ennesimo giorno di lontananza dal lavoro. La madre di Christopher, dovendosi cercare un lavoro, non poteva più avere molto tempo da dedicare al figlio.

La mattina seguente, la madre di Christopher, afferrò un mucchio di vestiti e li infilò dentro due valige, disse al figlio di scendere, gli disse di prendere Toby e di salire nell’auto del signor Shears. Mise le due valige nel bagagliaio e, in compagnia del figlio, partì alla volta della casa a Swindon. Dopo più di 3 ore di viaggio, giunsero a Swindon. Rimasero intrappolati in un ingorgo intrappolato dagli automobilisti che rallentavano per guardare un incidente sull’altra carreggiata. Nella casa, non trovarono nessuno. Christopher salì in camera sua e si chiuse a chiave. Quando il padre del ragazzo tornò a casa, ebbe un’accesa lite con la moglie.

Christopher, benché a Swindon, non avrebbe, in ogni caso, potuto dare l’esame, perché, sua madre, poco prima di partire, aveva telefonato alla preside e glielo aveva fatto annullare. Neanche quella notte dormì Christopher.

Una volta a scuola, Christopher, chiese a Siobhan se fosse stato ancora in tempo per dare l’esame e lei disse di sì. Il primo giorno, sotto la supervisione del Reverendo Peters, effettuò il Test I. Il giorno dopo eseguì il Test II e l’ultimo giorno fece il Test III. Quando il primo giorno aprì la prima busta e ne lesse il contenuto, non riuscì a pensare a nessuna delle riposte e inoltre faceva fatica a respirare. Per tranquillizzarsi, iniziò a contare. Una volta calmo, dopo circa 20 minuti, iniziò a fare l’esame, ma doveva sbrigarsi perché aveva solo 2 ore e 1/6 del tempo a sua disposizione se ne era già andato.

La sera dell’ultimo esame, il padre di Christopher venne a trovare il figlio, per chiedergli come fosse andato l’esame. Lui, nel rispondergli, fu un po’ pessimista. Christopher non fu molto felice di vedere il padre.

La settimana seguente, l’autore dell’uccisione di Welllington, disse alla moglie che doveva andarsene, ma lei non poteva perché non aveva ancora trovato un lavoro e non aveva i soldi per pagare l’affitto. Tutto, poi, si risolse per il meglio perché la madre di Christopher riuscì a trovare un lavoro come cassiera in un negozio all’ingrosso di articoli da giardino. Così si trasferirono nella stanza di una grande casa fatta di mattoni rossi. Christopher detestava aspettare di sapere come era andato l’esame di matematica. In quel periodo, a Christopher, stavano accadendo più cose spiacevoli che belle.

Una di queste era che sua madre, siccome non rientrava dal lavoro fino alle 17:30, doveva lasciare per circa due ore il figlio al marito, perché a Christopher non era permesso restare da solo. Un’altra cosa triste che capitò a Christopher fu la morte di Toby.

Un giorno, esasperato dalla quasi nulla considerazione del figlio, il padre di Christopher cercò di parlare con il suo ragazzo, ma ciò non servì a molto perché restò fermo sulle sue posizioni.

Il padre, per dimostrargli che era veramente cambiato, gli regalò un piccolo cane che Christopher chiamò Sandy. All’esame, ricevette il massimo dei voti. L’anno dopo, Christopher, con il consenso della signora Gascoyne, avrebbe dato l’esame di matematica avanzata. Due anni dopo, avrebbe dato l’esame di fisica. E dopo aver fatto tutto ciò si sarebbe iscritto all’università, ma non a Londra, perché di quella città aveva un brutto ricordo…
Brittany
2017-03-10 05:15:05 UTC
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2017-03-06 06:52:37 UTC
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Inoltre è fondamentale che tu conduca uno stile di vita salutare: devi essere al massimo della forma e un tale risultato può essere ottenuto solo tramite una dieta equilibrata e regolare esercizio fisico.
Edoardo
2016-09-07 05:51:56 UTC
Io lo sto leggendo adesso è molto bello come libro te lo consiglio
~ Princess ~
2008-08-02 07:03:10 UTC
In sintesi

Christopher è un quindicenne colpito dal morbo di Asperger, una forma di autismo. Ha una mente straordinariamente allenata alla matematica ma assolutamente non avvezza ai rapporti umani: odia il giallo, il marrone e l'essere sfiorato. Ama gli schemi, gli elenchi e la deduzione logica. Non è mai andato più in là del negozio dietro l'angolo, ma quando scopre il cane della vicina trafitto da un forcone capisce di trovarsi di fronte a uno di quei misteri che il suo eroe, Sherlock Holmes, era così bravo a risolvere. Inizia così a indagare...



La recensione di IBS

Un ragazzino con gravi problemi di relazione, la misteriosa morte di un inerme cane barbone, un originale libro giallo, una madre scomparsa in circostanze poco chiare: sono questi gli ingredienti del fortunato romanzo di Mark Haddon, scrittore e illustratore di libri per ragazzi, che ha conquistato le vette delle classifiche dei best seller negli Stati Uniti e in Inghilterra. Questo libro segna il suo originale esordio nel campo della narrativa rivolta al pubblico adulto.

È un giallo diverso dai consueti, caratterizzato da una trama intrigante al punto giusto, seria ma allo stesso tempo divertente, che cattura sin dalle prime pagine l’attenzione dei lettori. Particolare è la figura del protagonista, il giovanissimo Christopher Boone, affetto da una grave forma di autismo che lo isola da tutto e da tutti ma non gli impedisce di sviluppare una forte passione per le storie gialle di Sherlock Holmes e una straordinaria capacità deduttiva. Grazie a questa sue capacità, il ragazzino che odia essere toccato, che non riesce a interpretare le espressioni del viso degli altri e non sorride mai, intraprende un’avventura che non ha nulla da invidiare a quelle del suo celebre eroe letterario. Inizialmente la sua indagine si concentra sulla triste fine del cane Wellington ma ben presto comincia a far luce su un mistero che lo tocca molto da vicino: la scomparsa della madre. Durante le sue ricerche scopre infatti alcune recenti lettere della donna, che credeva morta, e ricostruisce un complicato groviglio di relazioni fra i suoi genitori e la coppia dei vicini… Romanzo intenso e commovente, Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte ha il pregio di trattare con delicatezza un tema difficile come l’handicap psichico. Lo stile, lieve e intrigante, è vivacizzato dalle illustrazioni che si alternano al testo scritto e dal tono colloquiale del racconto, che nasce dalla voce dello stesso protagonista intento a ricostruire, mossa dopo mossa, il suo percorso di scoperta. Il risultato è una storia di formazione, adatta anche al pubblico dei più giovani; un libro di piacevole lettura, caratterizzato da verosimiglianza e intensità, che, oltre al divertimento, offre la possibilità di avvicinarsi a una realtà di disagio e difficoltà.



La recensione de L'Indice

Recensione de L'indice



Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, terzo romanzo dell'inglese Mark Haddon, racconta la storia di Christopher, un adolescente autistico, che decide di scoprire chi abbia ucciso con il forcone il cane della vicina. L'indagine di Christopher si trasforma presto in un viaggio nella recente storia della sua famiglia e in una difficoltosa iniziazione al mondo dei cosiddetti "normali", con tanto di descensus ad inferos e fuoriuscita salvifica, a Londra. Lo schema del racconto è semplice, tradizionale al massimo, ma risolto in un abile gioco di variazioni. Haddon è bravo a rappresentare la mente di questo ragazzino speciale - le sue idiosincrasie, la sua geniale predisposizione per i numeri, le sue difficoltà espressive e comunicative, il modello del suo linguaggio. Non si tratta solo di un divertissement, anche se in certi momenti, soprattutto quando si parla di matematica, può sembrare così. Haddon tocca questioni importanti: il rapporto tra padri e figli, l'adolescenza, il difficile tema della verità, per cui Christopher, anche per la sua patologica incapacità di creare metafore, si batte strenuamente. Christopher, con il suo handicap, è l'eroe di un mondo imperfetto e banale, e, in quel mondo, alla fine, si rivela forse il meno sbagliato. Il finale non è privo di retorica, e la bella morale pone a pieno titolo questo romanzo nella tradizione di certa letteratura giovanile (i primi due libri di Haddon sono dichiaratamente libri per ragazzi). Che cosa manca perché questo romanzo sia il grande romanzo che le quarte di copertina predicano? La credibilità - non dico la credibilità empirica, ma la credibilità artistica. L'impressione finale è questa: che l'autore si sia dato tutta una serie di ostacoli e di difficoltà e che il suo lavoro sia consistito principalmente nel superarli. La storia, in effetti, sarebbe di scarso o nullo interesse se il protagonista non fosse un bambino carenziato. Per uno come Christopher anche attraversare la strada può essere un'impresa. Così, molte descrizioni, oggettivamente noiose, ci stanno solo perché non possiamo credere che un ragazzino autistico si muova nello spazio e nel tempo come un qualsiasi ragazzino normale della sua età. Il romanzo allora è un romanzo sull'autismo? Neanche questo. Il romanzo usa l'autismo per essere più romanzesco - ma alla fine non ci riesce. Non si esce dall'orizzonte di Christopher e la cosa assurda è che questo orizzonte è, alla fine, il solo che l'autore ci spacci per buono.


Questo contenuto è stato originariamente pubblicato su Y! Answers, un sito di domande e risposte chiuso nel 2021.
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